L’età d’oro degli Ebrei in Albania

Dei 2000 ebrei presenti in Albania durante la seconda guerra mondiale, nessuno non è stato consegnato ai nazisti. Un particolare che è venuto a galla dopo la caduta del Regime comunista di Hoxha, ed è valso al Paese delle Aquile l’inclusione nei “Giusti tra le Nazioni”

Una ricostruzione storica.

Il grande flusso degli ebrei dalla Europa centrale verso l’Albania fu nel 1933, per passare poi in America, Sud Africa, Turchia e altre destinazioni. Appena arrivati, furono aiutati dalla Comunità ebraica dell’Albania che fu riconosciuta ufficialmente in aprile dell’anno 1937. Da subito li furono concessi permessi di soggiorno in modo che potessero lavorare regolarmente. A seguito delle politiche di tolleranza di Zog, i membri della comunità ebraica in Albania hanno definito il periodo della monarchia come“l’età d’oro degli ebrei”.

Durante la II Guerra Mondiale gli albanesi hanno nascosto gli ebrei nel loro territorio, sia per iniziativa privata, sia per scelta delle autorità che si sono rifiutate di consegnare agli italiani fascisti arrivati in Albania nel 1939, e ai tedeschi nazisti arrivati nel 1943, le liste con i nomi degli ebrei presenti nel territorio. Il pericolo di ritorsioni, specie durante l’occupazione nazista, era molto alto.

I nazisti cercarono le liste ad ogni costo sia presso la comunità ebraica in Albania che presso il “regime fantoccio“ di Mehdi Frashëri, che governò dopo la fuga di Re Zog in Inghilterra. I cittadini e le autorità albanesi difesero tutti gli ebrei, nascondendoli nelle case, procurando loro documenti falsi, travestendoli da contadini albanesi, spostandoli da un luogo all’altro per sfuggire alla morte.

Non esiste nessun caso di consegna di un ebreo ai nazisti. Le famiglie aprirono le porte delle loro case, essendo consapevoli del rischio che ciò comportava, nel frattempo gli altri paesi, com’é documentato, presero parte ai crimini disumani contro gli ebrei.

Se si pensa che al di fuori dell’Albania, su circa 70.000 ebrei in pericolo solo il 10% hanno potuto sopravvivere all’Olocausto, la straordinaria importanza dell’Albania in quegli anni risulta ancora più evidente. Anzi l’Albania ha un primato eccezionale: è l’unico paese che può vantare di aver salvato tutti gli ebrei presenti nel suo territorio.

Presenze ebraiche nel territorio albanese sono testimoniate fin dai tempi dei romani. Prima della II Guerra Mondiale gli ebrei in Albania erano circa 200, alla fine della guerra erano oltre 2000. Anche gli albanesi del Kosovo, del Montenegro e della Macedonia hanno contribuito alla salvezza di molti ebrei, aiutandoli a rifugiarsi in Albania che era, appunto, durante la II Guerra Mondiale, il luogo più sicuro in Europa.

Il motivo per cui si salvarono tutti gli ebrei in Albania, fu prima di tutto per l’isolamento di cui godeva questo paese, in un contesto europeo invece fortemente influenzato dall’ideologia fascista e nazista, ma al mio avviso soprattutto grazie alla cultura albanese basata su un codice morale detto Kanun e in particolare su una sua parte detta Besa (parola d’onore, fedeltà), che ritiene un dovere inderogabile difendere la vita umana di chiunque, anche a costo della propria incolumità. Il codice Kanun, che per vari aspetti determina ancora la cultura albanese, prescrive una serie di regole di comportamento che, durante le successive invasioni straniere in Albania, hanno rappresentato l’identità stessa del popolo albanese.

Essere albanese significava, prima ancora che abitare nel territorio albanese o obbedire al potere politico su quel territorio, rispettare il codice Kanun. Un aspetto positivo e straordinario di questo codice è quello che ha portato alla salvezza di tutti gli ebrei. Il codice prevede l’obbligo di difendere la vita umana minacciata, chiunque sia in pericolo, albanese o straniero. Anzi il codice Kanun non usa la parola ‘straniero’, esistono gli ma non gli ‘stranieri’. L’Albania è stato infatti l’unico paese coinvolto nel secondo conflitto mondiale in cui non ci sono state deportazioni di ebrei.

Il 1 Novembre 2007 è stata aperta a New York una mostra dedicata agli ebrei salvati dagli albanesi durante la II Guerra Mondiale: “Besa: A Code of Honor/Albanians who Rescued Jews during the Holocaust“.

Il fatto è poco noto perché il regime comunista di Enver Hoxha, nei quasi 50 anni di dittatura successivi alla II Guerra Mondiale, ha tenuto nascosti questi e molti altri documenti, riapparsi poi nel 1990, a una delegazione americana recatasi in Albania sono stati mostrati gli archivi degli anni di dittatura di Hoxha.

Joe Dioguardi, rappresentante del Congresso giunto a Tirana, mandò le testimonianze relative agli ebrei salvati e i documenti furono confermati e ritenuti autentici. Ora anche l’Albania è stata aggiunta all’elenco dei ‘Giusti tra le Nazioni’, cioè quelle persone o enti che hanno salvato ebrei dall’Olocausto. Grazie ad una eccezionale documentazione conservata negli Archivi centrali albanesi, inaccessibili per oltre 50 anni, il cui studio è stato avviato grazie al sostegno della Regione Puglia che ha pubblicato lo scorso anno un repertorio delle fonti archivistiche nella ricerca del CDEC che nel seminario del 26 gennaio 2010 ha presentato i primi risultati del lavoro svolto.

La ricerca storiografica, che non aveva concentrato la sua attenzione sulla eccezionalità degli eventi relativi alla situazione albanese, può avvalersi ora di un prezioso strumento di lavoro. Il catalogo dei documenti conservati nell’Archivio centrale di Stato di Tirana consente ulteriori e importanti approfondimenti sulla politica antisemita del regime fascista in Albania, sulla condotta dei militari italiani e tedeschi durante la guerra e sul contributo degli ebrei di diverse nazionalità alla resistenza albanese contro il nazismo.

Oggi in Albania in numero di ebrei ruota intorno ai 180-200 individui, i quali si trovano principalmente a Tirana. Una sinagoga importante esiste a Valona, ma non è molto frequentata.

Questo articolo è stato originariamente pubblicato il 29 marzo 2011

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