Quando l’ospitalità albanese salvò gli ebrei dall’Olocausto
Lavdrim Lita
E’ un dato storico acquisito come prima della Seconda Guerra Mondiale gli ebrei in Albania fossero circa duecento mentre alla fine della guerra risultarono essere oltre duemila. Durante la seconda guerra mondiale gli albanesi nascosero gli ebrei nel loro territorio sia per iniziativa privata, sia perché la autorità locali si rifiutarono di consegnare ai fascisti arrivati nel loro paese nel 1939 – e ai tedeschi nazisti arrivati poi nel 1943 – le liste con i nomi degli ebrei presenti nel territorio. Il pericolo di ritorsioni, specie durante l’occupazione nazista, era molto alto, ma i cittadini e le autorità albanesi difesero gli ebrei totalmente: nascondendoli nelle case, procurando loro documenti falsi, travestendoli da contadini e spostandoli da un luogo all’altro per sfuggire alla morte.
Come fecero a salvarsi? In parte per l’isolamento di cui godeva l’Albania in un contesto europeo che al contrario era fortemente influenzato dall’ideologia fascista e nazista, ma soprattutto grazie alla cultura tradizionale albanese – basata su un codice morale, il ‘Kanun’, e in particolare su una sua parte, la ‘Besa’ – che ritiene un dovere inderogabile difendere la vita umana di chiunque, anche a costo della propria incolumità. Un concetto di onore, di giustizia umana e di tolleranza che porta molto spesso ad aiutare chi si trovi in difficoltà, al di la della condizione, della religione, della nazionalità o stato sociale. Proprio per questo decine di migliaia fra soldati italiani, profughi, sbandati, ebrei in fuga provenienti in gran parte dal resto d’Europa, sono stati protetti e nascosti; una storia straordinaria rimasta, oggi, nella memoria di tanti anziani, assai poco nota all’estero, perché composta di tante storie di normale ospitalità ed accoglienza praticate da semplici contadini e cittadini qualunque.
Venti anni fa vennero mostrati a una delegazione americana recatasi a Tirana alcuni dossier risalenti agli anni della dittatura comunista di Hoxha. Il rappresentante del Congresso, Joe Dioguardi, rese pubblici alcuni di questi documenti, che hanno grande importanza storica, relativi alle testimonianze di ebrei salvati dagli albanesi durante la seconda guerra mondiale. Dopo la scoperta il senatore Dioguardi spedì quei documenti a Tel Aviv e l’Albania venne inserita nell’elenco dei “Giusti tra le Nazioni“, ovvero quei paesi, persone o enti che si erano impegnati a salvare degli ebrei dall’Olocausto. Tra le tante storie di “giusti” se ne ricordano alcune davvero incredibili, come quella di Ali Alia. Un negoziante che, per salvare un ebreo caduto nelle mani di un nazista, ospitò quest’ultimo a casa sua facendolo ubriacare. Ma ci sono anche testimonianze da cui si deduce che in certi casi furono gli stessi occupanti italiani a scongiurare lo sterminio.
Della storia di albanesi ed ebrei, prima e durante la seconda guerra mondiale, si è occupata una conferenza organizzata dall’Istituto albanese del pensiero e civiltà islamica e dalla Fondazione regina Geraldina a presso il Museo Nazionale di Storia di Tirana.