Di Adela Kolea
Durante l’infanzia in Albania, noi albanesi, per via del sistema totalitario che vigeva nel paese e per la chiusura ermetica dei confini, di stranieri, non ci capitava spesso di scorgere nelle vie del paese, se non si trattasse di qualche raro caso di turisti.
Ma anche loro dovevano eseguire degli ordini ben precisi su come muoversi in Albania ed avevano il divieto di fermarsi a parlare con i cittadini albanesi.
C’erano però alcuni compagni di scuola in particolare che io, vista la tenera età, – alle elementari – non sapendo approfondire, consideravo come “Gli albanesi stranieri”.
Perché da un lato, li consideravamo albanesi a tutti gli effetti come noi, oltre al denominatore comune che era la spensieratezza dell’età e la sincera amicizia.
D’altro canto però, sapevamo che loro, possedevano dei nomi o cognomi un po’ particolari e che nessun altro tranne loro stessi, possedeva.
Che erano di origine di una terra molto lontana dall’Albania, l’Israele!
Erano in tutti i cicli scolastici – perché io a Tirana, ne ho avuto in classe compagni ebrei a partire dalle elementari, fino alle superiori – i migliori alunni della classe, molto intelligenti e diligenti nello studio.
Con uno di loro, alle superiori ero molto amica infatti.
Nel 1991 lui mi diceva a scuola:
“La mia famiglia sta preparando la documentazione per il nostro rimpatrio in Israele, ora che in Albania è arrivata la democrazia e ci stiamo organizzando con tutte le famiglie di origine ebrea di Albania, per poter finalmente tornare nella terra dei nostri avi.”
“Sai, – gli dicevo – tu ed io, siamo gli unici in classe a preparare la documentazione di rimpatrio, perché anche la mia famiglia ha avuto il richiamo dalla Farnesina e come famiglia di origine italiana, anche noi saremo presto rimpatriati in Italia.”
Se si pensa che gli inizi degli anni Novanta per l’Albania, oltre alle ondate bibliche degli esodi degli albanesi in Italia, contengono anche questi mini esodi, quelli delle famiglie ebree ed italiane che per mezzo secolo, dal dopoguerra avevano vissuto in Albania – gli ebrei, perché l’Albania offrì loro generosamente rifugio e, gli italiani, per svariati motivi si erano bloccati alla chiusura dei confini albanesi nel 1946, quando a loro fu precluso il rientro in Italia – si realizza che noi portiamo dentro non solo tante storie di emigrazione, ma un patrimonio ricco di multiculturalità e di intrecci di vite e di origini.
Perché per l’appunto, sono state tante le unioni miste israeliano-albanesi ed italo-albanesi.
“I tronchi degli alberi sono separati, ma le radici si tengono strette le une alle altre e i rami in alto si intrecciano. Sono uniti a livello profondo ed a quello più elevato. Gli uomini dovrebbero essere come un’immensa foresta.” (Romano Battaglia)